lunedì 12 agosto 2013

Punta del Serrone, crocetta o cavallino bianco (Brindisi)

Punta del Serrone, "crocetta" o "cavallino bianco" per i brindisini, è situata presso la litoranea nord di Brindisi, alle spalle dell'aeroporto a pochi centinaia di metri da Punta Penne.
La zona ha sia un importanza storica che geologica per la conformazione delle scogliere basse.

STORIA:

I bronzi di Brindisi

Sulla rivista Archeo fu definita da Sabatino Moscati come la "più grande scoperta archeologica dell'estate", si trattava del ritrovamento di oltre duecento reperti recuperati sul fondale nelle acque in località Punta del Serrone, due miglia a nord dall’imbocco del porto di Brindisi, poco prima delle spiagge di Punta Penne, divenuto un importante riferimento per l'archeologia subacquea del territorio. 
Nel suo articolo il Moscati le definisce come "antiche opere d'arte ammirevoli, se pur frammentarie, che riemergono dal fondo del mare... sono gli ormai celebri Bronzi di Brindisi".

La scoperta risale al 19 e 25 luglio del 1992, grazie alle esplorazioni marine di cinque appassionati di pesca subacquea: Luigi Robusto (all'epoca maggiore dei carabinieri), Teodoro ed Aldo SciurtiGiancarlo Scorrano e Giuseppe Tamburrano. All'ufficiale è dovuto il primo ritrovamento, quello fatto alle ore diciannove circa del 19 luglio: a pochi minuti di navigazione del vicino lido dei carabinieri, il maggiore Robusto si immerge nelle acque non lontane dalla "crocetta" di Punta del Serrone, una zona di mare non distante dalle spiagge di Punta Penna. Sul fondale a circa 400 metri dalla riva e a 16 metri di profondità intravede un piede metallico che fuoriesce dalla sabbia. Un altro reperto simile era stato rinvenuto, nella stessa zona, circa 20 anni prima.
Gli altri ritrovamenti si sono avuti a circa una settimana di distanza, quando il vento di tramontana ha permesso al gruppo di sub di tornare ad immergersi nella zona. Questa volta vengono avvistati più pezzi: mani, teste, piedi e anche una prima statua. Il resto viene successivamente recuperato dalle squadre specializzate Gruppo Ricerche Archeologiche Subacquee di Brindisi dal 6 agosto al 2 settembre 1992 durante il quale furono recuperati, in un'area di circa 300 mq, circa settecento frammenti bronzei di varia tipologia e dimensione, di cui duecento identificabili.
Tra queste i più interessanti sono i due torsi di personaggi maschili di dimensioni reali risalenti alla prima età imperiale romana, le due teste barbate tipo figurativo del "Filosofo", due teste di personaggi maschili di età imperiale romana, una delle quali ritrae l'imperatore Tiberio, una testa molto frammentata ritenuta somigliante ai ritratti dell'imperatore Caracalla, due teste femminili di buona fattura e una di bambina, due frammenti riferibili a una coppia di grandi ali accuratamente decorate che appartenevano ad una statua alta circa 2 metri raffigurante Nike, la dea che porta la vittoria in guerre e competizioni, e numerosi frammenti di arti e di panneggi.
Contestualmente presso il Museo brindisino fu allestito un laboratorio di pronto intervento per il trattamento di desalinizzazione e di disidratazione dei materiali recuperati.
Nello stesso specchio di mare già nel 1972 fu recuperato un un piede sinistro in bronzo riferibile ad una statua di notevoli dimensioni, alta almeno 4 metri e rappresentante una figura femminile che indossava una pesante veste. Alla stessa statua, risalente al II secolo d.C, appartengono anche gli altri frammenti di panneggio ritrovati nel 1992.
Si è tanto discusso sulle cause che hanno portato sul fondale brindisino questi reperti, la loro provenienza e soprattutto sulla loro effettiva qualità artistica e storica: alcuni studiosi affermavano che si trattava di scarti di fonderia gettati in mare durante una tempesta, una ipotesi prima abbandonata (considerando le buone rifiniture che presentavano alcuni dei pezzi) e poi rivalutata, dopo la verifica in fase di restauro, dell'avvenuto smembramento di alcune statue prima del loro imbarco. Si è anche parlato di importanti opere trafugate in medio-oriente.
Tutte ipotesi mai confermate, così come non si conosce ancora con certezza la provenienza, l'epoca ed il tipo di "incidente" avvenuto, infatti non ci sono elementi per affermare che c'è stato il naufragio dell'imbarcazione che li trasportava, o se durante una tempesta la nave avesse perso o abbandonato una parte del proprio carico.
La datazione dei reperti comprende un ampio periodo compreso tra la seconda metà del IV secolo a.C. e l'età romana imperiale.
Sono opere definite di "alto livello stilistico-formale", di vario aspetto tipologico, con raffigurazioni di divinità e di personaggi appartenenti a famiglie prestigiose o di potere.
Le lunghe fasi del restauro sono state svolte presso l'Istituto Centrale per il Restauro di Roma e - per i due busti - presso il laboratorio di restauro di Firenze
Una delle statue è costituita da due frammenti, una testa completa di collo ed un busto con il braccio destro scoperti in punti diversi del fondale, rappresenta un principe ellenistico. Secondo lo storico dell'arte greca e romana Paolo Moreno la scultura raffigurerebbe il console romano Lucio Emilio Paolo, vincitore della guerra di Macedonia nel 168 a.C.
L'altra statua raffigura un civis romanus nelle vesti di togato.
Le statue e gli altri interessanti reperti di archeologia subacquea, hanno trovato sede definitiva nella sala di esposizione dei "Bronzi di Punta del Serrone" presso il Museo Archeologico Provinciale "Francesco Ribezzo" - MAPRI - di piazza Duomo, con foto illustrative e la descrizione delle fasi del recupero in mare.


GEOLOGIA:
Il territorio di Brindisi è interessato da fenomeni tettonici che hanno modellato la geologia profonda e più recentemente la morfologia superficiale. Dimostrazione palese la si incontra nella parte nord costiera brindisina subito dopo il porto esterno.
Punta Serrone è caratterizzata da vedere in superficie gli strati di roccia sovrapposti in maniera obliqua a  circa 45°. 





































giovedì 1 agosto 2013

Isole Pedagane (Brindisi)

Le Pedagne sono un gruppo di sei isolotti che si trovano nel porto esterno di Brindisi: Pedagna GrandeGiorgio TrevisoMonacelloLa ChiesaTraversa le più esterne (attualmente tutte zone militari) e di S. Andrea nel porto medio, la più grande.

Isola di Sant'Andrea
Anticamente veniva chiamava isola di Bara, nome di origine orientale o forse ebraica. Nota sin dall'antichità e menzionata da alcuni autori latini e greci come: Appiano, Cesare, Plinio, Lucano.
Nel Medioevo l’isola prese il nome di S. Andrea, quando nel 1059 l’arcivescovo di Brindisi Eustachio la donò ai baresi Melo e Teudelmanno perché vi costruissero un monastero chiamato Sant’Andrea all’Isola; dell'antico edificio rimangono gli imponenti capitelli esposti nel Museo Provinciale. Vi risedettero sino al 1348 monaci benedettini, ai quali furono concesse le rendite provenienti dalla Chiesa di S. Nicola in Brindisi e dalla metà dei canali Delta e Luciana (Fiume Grande e Fiume Piccolo), dove si coltivava il lino. Una parte dei resti del monastero, distrutto quando sull’isola fu realizzato il sistema di fortificazioni a difesa del porto, fu riutilizzata nel XVI secolo per la costruzione della porta maggiore della Chiesa del Carmine, situata nei pressi di Porta Mesagne. Probabilmente quel frammento di architrave in marmo decorato con foglie d’acanto spinoso che si trova all'interno del Calvario, ornava la porta di questa chiesa.
Anche il grande blocco di marmo che giace al margine di Porta Mesagne, un tempo con funzione di paracarro dell’arco stesso, probabilmente era la base per un leone stiloforo messo a guardia del portone di ingresso della chiesa di San’Andrea.

L’isola, per la sua posizione strategica, ha da sempre assunto un importante ruolo per la protezione della città: i Normanni qui costruirono un avamposto a scopo di vedetta, successivamente gli Angioini, con Carlo I d’Angiò, eressero (probabilmente) una torre cilindrica. Con il crescente pericolo di attacchi da parte dei Turchi, dal 1481, inizia l’edificazione del Castello da parte di Alfonso, duca di Calabria, figlio di Ferrante d’Aragona. Nel 1558, sotto gli Asburgo, incominciò la costruzione del Forte a Mare.

Per una migliore difesa delle postazioni militari, l’isola nel tempo è stata divisa artificialmente in tre parti: sulla più esterna sorge appunto il Castello Alfonsino, staccata dall'area del Forte a Mare con l'apertura della darsena; la porzione più a nord, conosciuta come Lazzaretto, fu separata dalla restante porzione con l'ampio taglio della roccia (Canale Vicereale), su quest'area nel 1934 fu installata la batteria di cannoni denominata "Pisacane".

Isola Traversa
Su quest’isola sorge un faro progettato nel 1834 ed eretto su un basamento circolare nel 1859. La portata del suo fascio di luce è di circa 13miglia. Il costo complessivo per la realizzazione fu di 75 mila e 222 lire. Cominciò a funzionare a partire dal 1° febbraio del 1861, consentendo ai naviganti di identificare facilmente l’imboccatura del porto e quindi evitare possibili collisioni con i quattro isolotti presenti nella zona, oltre ai due semisommersi.
Il faro di V ordine, attualmente ancora in funzione (fanale rosso), era custodito da tre fanalisti che si avvicendavano tra loro, interessandosi anche della manutenzione. Sono ancora presenti gli alloggi dei guardiani con cinque stanze e due cucine, oggi in completo degrado.

Isola La Chiesa
Qui è la Grotta dell’Eremita, con affreschi, ora quasi del tutto illeggibili, che si pensò rappresentassero la Natività; sia la grotta che i resti degli affreschi, si immagina, necessitano di urgenti restauri.
Ad uso del religioso, e a vita solitaria, vi erano vano dormitorio ed un sistema per la raccolta delle acque piovane. L’insediamento era collegato con il monastero benedettino dell’isola di S. Andrea.

Isola Pedagna Grande
Su quest'isola è presente la batteria militare “Fratelli Bandiera”, i cui lavori furono iniziati nel 1916.
Successivamente l'area è stata utilizzata come zona di addestramento e base operativa del Reggimento San Marco (fanteria da sbarco della Marina Militare Italiana, già Battaglione San Marco).
I cinque isolotti più piccoli sono di proprietà del demanio militare, pertanto non è possibile avvicinarsi a meno di cinquanta metri di distanza, e solo nel periodo estivo. Infatti con una specifica ordinanza, la Guardia Costiera permette alle imbarcazioni di avvicinarsi agli isolotti solo dall'1 giungo al 30 settembre ma ne vieta tassativamente l'accesso.
Pertanto non è possibile conoscere da vicino quelle testimonianze del passato e verificare lo stato degli affreschi della grotta dell’eremita.



Le foto e i video sono stati effettuati verso Isola Pedagna Grande.
Esiste nel luogo dove abbiamo deciso di fare l'immersione un gran contrasto tra l'area industriale, con la presenza del petrolchimico alle spalle, il porto interno a pochi Km e la centrale a carbone Brindisi nord non molto distante, con ciò che l'ambiente marino ci ha offerto di vedere.
Ci siamo recati in proprio in quel posto perché pescatori della zona ci avevano detto che in mattinata avevano notato una grossa presenza di meduse, un ottimo soggetto da vedere, fotografare e segnalare.
Prima di immergerci pensavamo vista l'area industriale a fianco sicuramente avremmo visto un paesaggio marino deturpato, desolato e inquinato.
E invece con nostro sbigottimento assolutamente no! già a pochi metri dalla spiaggia a pochi centimetri di acqua una flora e fauna marina molto persistente, paesaggi marini che passavano da enormi distese di prateria di Posidonia oceanica (elemento che fà capire che esiste un riciclo di acqua continua e inquinamento marino basso) a scogliere pieni di alghe brune, mitili e pesci di varie specie. Un luogo marino nell'adriatico per gli amanti dello snorkeling da vedere assolutamente.
Consigliamo vivamente di effettuare immersioni accompagnati in un luogo cosi vicino alla città con un contrasto cosi forte con paesaggi marini stupendi. A voi le immagini.